
Lui Alessandro D.O.
Osteopata
STRUMENTI DELLA GRASTON TECHNIQUE®: APPLICAZIONI CLINICHE
Gli strumenti della GT, oltre a migliorare l’abilità del professionista nell’identificare adesioni e restrizioni fasciali
sono clinicamente provati per raggiungere più velocemente i migliori risultati sia in fase acuta che cronica delle seguenti patologie:
-
distorsione cervicale (dolore al collo)
-
sindrome del tunnel carpale (dolore al polso)
-
epicondilite laterale (gomito del tennista)
-
tendinosi della cuffia dei rotatori (dolore alla spalla)
-
tendinosi all’Achilleo (dolore alla caviglia)
-
tessuto cicatriziale
-
sofferenza medio-tibiale
-
stiramenti lombari (mal di schiena)
-
fascite plantare (dolore al piede)
-
epicondilite mediale (gomito del golfista)
-
sindrome rotulea (dolore al ginocchio)
-
fibromialgia
-
dito a scatto
​
LA TENSITEGRITA' E APPLICAZIONI DELLA GRASTON NEL SUO FUNZIONAMENTO:
​
Il termine inglese "Tensegrity", coniato nel 1955 dall'architetto Richard Buckminster-Fuller, deriva dalla combinazione delle parole "tensile" ed "integrity". Esso caratterizza la capacità di un sistema di stabilizzarsi meccanicamente tramite forze di tensione e di decompressione che si ripartiscono e si equilibrano fra loro. Compressioni e trazioni si equilibrano all'interno di un sistema vettoriale chiuso.
Le strutture di tensegrità si ripartiscono in due categorie:
1) costituite da barre rigide assemblate in triangoli, in pentagoni o in esagoni;
2) costituite da barre rigide e cavi flessibili. I cavi costituiscono una configurazione continua che comprime le barre disposte in maniera discontinua in seno ad essa. Le barre, a loro volta, spingono verso l'esterno i cavi.
I vantaggi della struttura di tensegrità sono:
- la resistenza dell'insieme supera di molto la somma delle resistenze dei singoli componenti;
- la leggerezza: a parità di capacità resistenza meccanica; una struttura di tensegrità presenta un peso ridotto della metà rispetto a una struttura a compressione;
- la flessibilità del sistema è simile a quella di un sistema pneumatico. Ciò consente una grande capacità di adattamento reversibile ai cambiamenti di forma in equilibrio dinamico. Inoltre, l'effetto di una deformazione locale, determinata da una forza esterna, viene modulato da tutta la struttura minimizzandone in tal modo l'effetto.
- l'interconnessione meccanica e funzionale di tutti gli elementi costitutivi consente una continua comunicazione bidirezionale al pari di un vero e proprio network.
A partire dal citoscheletro (Ingber, 1998), l'organismo umano è caratterizzato da una struttura di tensegrità. A livello macroscopico gli assi rigidi (le barre) sono costituiti dalle ossa e le strutture flessibili (i cavi) dal sistema miofasciale (Myers, 2002).
Peculiarità della "tensegrità umana" è quella di funzionare come sistema a "eliche a passo variabile" o vortici (spirali). E' infatti sul piano trasverso che soprattutto si sviluppa l'antigravitarietà del sistema cibernetico uomo, grazie a un sofisticato sistema di equilibrio neuro-biomeccanico.
La "spirale umana" si trasferisce dal piano trasverso al piano frontale, grazie al "mortaio" astragalo-calcaneare, a livello podalico, in presenza di un congruo coefficiente di attrito (senza quest'ultimo infatti l'avvolgimento podalico risulta difficoltoso). Al contempo, terreno o suole eccessivamente soffici risultano inappropriati, in quanto disperdono eccessivamente l'impulso compressivo derivante dall'impatto calcaneare durante il passo, indispensabile per l'esecuzione e la trasmissione delle forze torsionali a livello rachideo e quindi del bacino (Snel et al., 1983).
Il piede pertanto non è un sistema ad archi o volte, bensì anch'esso un sofisticatissimo sistema senso-motorio elicoidale (Paparella Treccia, 1978).
Il piede: organo sensoriale-motorio, ponte fra sistema è ambiente, costituito da un'elica a passo variabile formata da 26 ossa, 33 articolazioni e 20 muscoli che influenza tutto il corpo.
Il rapporto fra rotazioni nel piano traverso e frontale tende al numero d'oro della sezione aurea, così come il rapporto di lunghezza fra varie parti scheletriche (ad es. lunghezza retropiede/avampiede).
"Il moto specifico dell'uomo, processo fra i più mirabili in natura, si erge sui pilastri vorticosi, depositari del numero d'oro, in se stessi e nei reciproci rapporti" (Paparella Treccia, 1988).
Elogio all'elica
La gravità, nel lungo percorso della morfogenesi, modella forme elicoidali che nel moto assumono il significato di vincolo, determinando le traiettorie elicoidali. E' quindi la stessa gravità che provvede nei tempi lunghi (morfogenesi) a modellare quelle forme che nel corso del moto (tempi brevi) assumono il significato di vincolo. Le traiettorie elicoidali introdotte nei moti morfogenetici del campo gravitazionale, col contributo dei vincoli intratessutalim convergono nella genesi delle forme (femore, tibia, astragalo ecc. fino al DNA presentano forma elicoidale). Le forme in natura altro non sono che moti vorticosi plastificati. All'elicità delle traiettorie del moto non può non far eco l'elicità delle forme il cui alto contenuto in simmetricità propizia la stabilità strutturale (Paparella Treccia, 1988). L'evoluzione, infatti, ha scelto le configurazioni elicoidali in quanto nel moto esse si evolvono conservando la stabilità dinamica (momento angolare), l'energia (potenziale più cinetica) e l'informazione (topologia). La stabilità, intesa come resistenza alle perturbazioni, rappresenta il traguardo che la natura persegue comunque e dovunque. Le eliche sono curve che si accrescono senza cambiare forma, le loro prerogative di ripetitività, quindi di stabilità, ne fanno le espressioni per eccellenza della geometria che sottende i moti naturali.
"Se una figura è stata prescelta da Dio come fondamento dinamico della sua immanenza nelle forme, ebbene questa figura è l'elica" (Goethe)
La forza di gravità, sia dal punto vista funzionale che strutturale, non va quindi vista come un nemico; senza di essa l'uomo non potrebbe esistere.
Il motore del moto specifico dell'uomo
Nel 1970 Farfan propose per primo l'idea che il movimento proceda dalla pelvi alle estremità superiori, ossia che le forze deambulatorie partano dalle creste iliache per andare alle estremità superiori. Negli anni '80 Bogduk precisò l'anatomia dei tessuti molli che circondano la colonna e, negli anni 90, Vleeming chiarì il legame pelvi-arti inferiori. Gracovetsky (1988), infine, ha dimostrato che la colonna vertebrale rappresenta il motore primario del moto, "the spine engine". Questo ruolo della spina dorsale è ancora evidente nei nostri "antenati" pesci e rettili, ma un uomo a cui sono stati amputati completamente gli arti inferiori è in grado di camminare sulle tuberosità ischiatiche senza significative alterazioni della deambulazione, ossia senza interferire sul movimento primario del bacino. Ciò dimostra fondamentalmente due cose:
1) Le faccette e i dischi intervertebrali non prevengono la rotazione ma la favoriscono; le vertebre non sono state costruite per la stabilità strutturale statica. Infatti, la lordosi lombare - insieme alla flessione laterale - induce meccanicamente, tramite un sistema di coppia meccanica, una torsione della colonna vertebrale.
2) Il ruolo degli arti inferiori è secondario a quello della colonna vertebrale. Essi da soli non sono in grado di ruotare la pelvi in maniera da consentire il moto ma possono amplificarne il movimento. Gli arti inferiori, infatti, derivano dalla necessità evolutiva di sviluppare la velocità del moto dell'uomo. La maggior potenza richiesta a tal scopo non può derivare dai muscoli del tronco, che a tal fine avrebbero dovuto sviluppare una massa improponibile dal punto di vista dell'ingombro. L'evoluzione ha quindi dovuto approntare ulteriori muscoli, posizionandoli, sia per motivi funzionali che di spazio, al di fuori del tronco ossia sugli arti inferiori.
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
HAMMER THERAPY:
E' efficace nel trattamento di neuropatie, disturbi articolari, muscoli spastici e blocco degli elementi, oppure per acquietare la mente e calmare un corpo teso. Infine, andando a lavorare in profondità, la tecnica hammer è anche utile e rapido nel trattamento di vecchi traumi.
Tra i benefici riportati più frequentemente c’è una immediata sensazione di rilassamento e di benessere generale, aiuta a sbloccare le tensioni di carattere fisiologico e nervoso e favorisce l’eliminazione dello stress. Essendo principalmente un massaggio defaticante e decontratturante, è particolarmente indicato per gli sportivi sia prima che dopo l’attività fisica. Grazie all’unicità della sua esecuzione tecnica capace di generare profonda stimolazione e attivazione neuromuscolare questo trattamento si rende particolarmente utile per combattere la ritenzione idrica. In questo modo lo stato connettivo della pelle si riattiva, si ossigena e si rigenera eliminando le scorie e le tossine che causano infiammazione, favorendo il rimodellamento della pelle, rendendola anche più liscia ed elastica. Da non sottovalutare l’effetto tonificante che fa di questo massaggio un ottimo alleato per mantenere un corpo tonico e snello.
Riassumendo i benefici del trattamento sono:
-
Riattiva la circolazione venosa e linfatica che accresce l’ossigenazione dei tessuti e rende la pelle più luminosa;
-
‘Riposturizza’ l’apparato scheletrico, nel caso in cui si sia soliti adottare posizioni corporee sbagliate e/o prolungate nel tempo;
-
Favorisce l’eliminazione dei disturbi cervicali, delle lombaggini, dei dolori articolari e muscolari;
-
Libera le cellule dalle tossine e rinforza il sistema immunitario.
-
Utile in caso di affaticamento e mancanza di vitalità;
-
Allinea perfettamente l’energia del corpo, rimuove i blocchi nei meridiani energetici (Sen Sib);
-
Relax fisico e mentale
​
​
OSTEOPATIA STRUTTURALE:
​
Tra i benefici riportati più frequentemente c’è una immediata sensazione di rilassamento e di benessere generale, aiuta a sbloccare le tensioni di carattere fisiologico e nervoso e favorisce l’eliminazione dello stress. Essendo principalmente un massaggio defaticante e decontratturante, è particolarmente indicato per gli sportivi sia prima che dopo l’attività fisica. Grazie all’unicità della sua esecuzione tecnica capace di generare profonda stimolazione e attivazione neuromuscolare questo trattamento si rende particolarmente utile per combattere la ritenzione idrica. In questo modo lo stato connettivo della pelle si riattiva, si ossigena e si rigenera eliminando le scorie e le tossine che causano infiammazione, favorendo il rimodellamento della pelle, rendendola anche più liscia ed elastica. Da non sottovalutare l’effetto tonificante che fa di questo massaggio un ottimo alleato per mantenere un corpo tonico e snello.
Riassumendo i benefici del trattamento sono:
-
Riattiva la circolazione venosa e linfatica che accresce l’ossigenazione dei tessuti e rende la pelle più luminosa;
-
‘Riposturizza’ l’apparato scheletrico, nel caso in cui si sia soliti adottare posizioni corporee sbagliate e/o prolungate nel tempo;
-
Favorisce l’eliminazione dei disturbi cervicali, delle lombaggini, dei dolori articolari e muscolari;
-
Libera le cellule dalle tossine e rinforza il sistema immunitario
-
Relax fisico e mentale
-
trattamento delle discopatie a carattere compressivo e protusivo
​
Il rumore prodotto e l’effetto terapeutico
Il rumore di schiocco (in inglese cracking o popping) che si produce durante la manipolazione vertebrale è un suono comune a osteopati, chiropratici e fisioterapisti (Ross et al. 2004, Reggars e Pollard 1995).
Mentre l’esatto meccanismo e l’origine del rumore di schiocco durante la manipolazione HVLA rimane relativamente sconosciuta, (Cascioli et al 2003) la teoria predominante è ancora il modello di cavitazione originariamente proposta da Unsworth nel 1971.
Per capire che cosa accade quando facciamo schioccare le nocche delle dita, o qualsiasi altra articolazione, è necessario, in primo luogo, approfondire la conoscenza sulla natura delle articolazioni del corpo. Il tipo di articolazioni che si può più facilmente fare schioccare sono le articolazioni diartrodie. Queste sono le articolazioni più tipiche. Si tratta di due segmenti ossei che si rivolgono l’uno verso l’altro con le superfici cartilaginee le quali sono circondate da una capsula articolare. All’interno della capsula articolare è presente un lubrificante, noto come liquido sinoviale, che serve anche come fonte di nutrimento per le cellule che producono e mantengono la cartilagine articolare. Il liquido sinoviale contiene dei gas disciolti, tra cui ossigeno, azoto e anidride carbonica. Le articolazioni più facili da fare schioccare sono quelle della dita della mano, precisamente l’articolazione interfalangea e metacarpo falangea. Quando queste superfici vengono distratte, l’adesione viscosa e la tensione tra le superfici resistono alla loro separazione. Quando le forze di distrazione superano le quelle di adesione, le superfici si separano rapidamente creando una pressione negativa. Questa pressione negativa, combinata alla velocità con cui le superfici si separano, possono creare una cavità di gas all’interno del liquido tanto come un solido che viene fratturato (Chen et al 1992, Lung e Israelachvili 1991).
Lo schiocco, si pensa possa essere causato dai gas provenienti bruscamente dalla soluzione, i quali consentono alla capsula di allungarsi maggiormente. Il movimento dell’articolazione viene subito dopo limitato dalla lunghezza della capsula.
Le immagini della RMN dinamica sono state estratte dal lavoro di Kawchuk et al. 2015
Il primo studio sull’argomento (Roston e Haines 1941), utilizzando delle radiografie dopo lo schiocco, ha messo in evidenza delle bolle di gas all’interno dell’articolazione che scompaiono dopo circa 20 minuti. Recentissimi studi (Kawchuk et al. 2015) hanno registrato, utilizzando delle RMN dinamiche, la formazione di queste bollicine (vedi immagini e filmato) in tempo reale durante un cracking della matecarpo falangea.
Questo gas liberato, che consiste principalmente (circa 80%) di anidride carbonica, aumenta il volume articolare dal 15 al 20%. L’evento non può riprodursi di nuovo fino a quando il gas non si ri dissolve nella componete del liquido sinoviale, ciò spiega il motivo per cui non si può schioccare la stessa articolazione ripetutamente a distanza di poco tempo.
Ma come può il rilascio di una piccola quantità di gas causare così tanto rumore? Non esiste una risposta a questa domanda.
I ricercatori hanno stimato i livelli di energia del suono utilizzando accelerometri per misurare le vibrazioni causate durante “popping” articolare. La quantità di energia coinvolta è molto piccola, dell’ordine di 0,1 milli-joule per millimetro cubo.
A riguardo della “dannosità” del continuo ricercare lo sblocco con un gesto ripetuto, come se fosse un tic nervoso, in un studio (Ikeda et al. 2012) viene riportato il caso di una giovane paziente (30 anni) che soffriva di mielopatia da ernia cervicale atraumatica, sottoposta a discectomia di ernia cervicale e stabilizzazione vertebrale che presentava l’abitudine di auto schioccare le vertebre cervicali. Gli Autori attribuiscono all’ipermobilità causata dal continuo (tic) auto thrust della paziente la degenerazione discale con erniazione e di conseguenza la fonte della mielopatia.
Molte teorie sono state avanzate per spiegare la disfunzione articolare e l’effetto della mobilizzazione con impulso (tecniche dirette, strutturali o High Velocity- Low Amplitude). Esse includono: 1) alterazione della relazione delle opposte superfici di scorrimento articolari; 2) la capsula articolare con associato menisco; 3) meccanismo neuronale originato dai meccanoreccettori e nocicettori articolari con gli effetti correlati sui muscoli segmentali.
Riguardo le superfici articolari si ipotizza una mancanza di sincronia nello scivolamento tra le opposte superfici articolari, con un impedimento al movimento. E’ stato suggerito anche l’importanza della partecipazione della viscosità del liquido sinoviale (Greeman 1996). La teoria della faccette articolari mal posizionate è alla base dei principi di trattamento delle scuole chiropratiche (Plaugher 1993). I chiropratici hanno considerato, fin dal primo trattamento chiropratico eseguito da Palmer (Lantz 1989), l’allineamento interarticolare delle vertebre un importante aspetto del complesso di sub-lussazione vertebrale (vertebral subluxation complex). Lo studio dell’ allineamento avviene attraverso la valutazione radiografica. La correzione di alterate posizioni è stata proposta come meccanismo terapeutico della manipolazione. Alcuni Autori (White e Panjabi 1990) avanzano perplessità su questa teoria poichè queste alterazioni non sono dimostrabili.
Va sottolineato che le evidenti dislocazioni vertebrali dovute a fratture e/o rotture legamentose sono una controindicazione al trattamento manipolativo.
Un’altra ipotesi alla disfunzione delle faccette articolari è quella di un impedimento, per intrappolamento, tra le superfici di frangie di sinovia capsulare o di menischi (Kos e Wolf 1972). Queste teorie rimangono controverse e non hanno mai avuto convalida scientifica, anzi per alcuni Autori (Bogduk e Engel 1984) è impossibile che il menisco crei tensione visto l’esiguo spessore e composizione.
E’ stata avanzata l’ipotesi che lo stress tensionale capsulare delle articolazioni coinvolte, alteri le afferenze propriocettive dei meccanorecettori di tipo I, II e III (Wyke 1976, pag 189-256) presenti nella capsula articolare, così che il centro nervoso deputato al controllo del movimento ha difficoltà a determinare il corretto rapporto spaziale articolare. Questa discinesia determina un’alterazione di tono e lunghezza dei muscoli segmentali correlati e di conseguenza una restrizione del fisiologico movimento. Il dolore innescato dai ricettori di tipo IV, presenti nelle capsule articolari delle zigoapofisi, non farebbe altro che attivare una spasmo muscolare per inibire il movimento articolare, ma ciò non farebbe altro che alterare ulteriormente il corretto scivolamento. La riduzione di movimento può essere globale ma spesso è limitata in una direzione (Korr 1975 pp 183-200). L’aumentato tono muscolare segmentale verrebbe mantenuto da una iper attivazione dei fusi muscolari appartenenti al circuito Gamma. Questo modello disfunzionale che coinvolge i fusi muscolari è stato convalidato in recentissimi lavori eseguiti sperimentalmente su dei gatti (Reed et al. 2015A, Reed et al. 2015B). Spesso un’eccessiva contrazione muscolare (contrattura) è palpabile nell’area del segmento disfunzionale e diversi studi (Falla 2004; Colloca e Keller 2001; Lehman et al 2001) hanno dimostrato un’alterata attivazione dei muscoli paravertebrali nelle patologie vertebrali.
Durante il thrust le articolazioni interessate vengono mobilizzate , le capsule e i muscoli correlati allungati (overstretch). L’allungamento muscolare potrebbe essere trasmesso ai corpuscoli tendinei del Golgi, le cui scariche afferenti inibirebbero l’iper attivazione muscolare determinando un rilassamento extrafusale e intrafusale (Korr 1975). Un altro meccanismo inibitorio riflesso può essere attivato dai meccanorecettori di tipo III presenti nelle capsule articolari dei segmenti trattati (Fisk 1979). La manipolazione, quindi, produrrebbe un “resettaggio” neurologico del tono base nei segmenti trattati con rilassamento muscolare e ripristino del fisiologico movimento articolare.
Pur se questa teoria ci sembra la più plausibile, soprattutto dopo che diversi lavori (DeVocht et al 2005; Dishman e Burke 2003; Colloca et al 2003; Pickar 2002; Lehman et al 2001; Lehman e McGill 2001; Dishman e Bulbulian 2000; Dishman e Bulbulian 2001; Symons et al 2000; Herzog et al 1999) hanno dimostrato che il thrust determina una riduzione del tono muscolare nei segmenti vertebrali trattati e limitrofi, e tali eventi sono in stretta correlazione temporale (Colloca et al 2003), come inquadrare il meccanismo d’azione quando abbiamo delle disfunzioni in divergenza (flessione o FRS)? Un’alterato spasmo dei muscoli paravertebrali porterebbe in disfunzione il segmento vertebrale sempre e solamente in convergenza (estensione o ERS).
Anche se il meccanismo d’azione del thrust manipolativo non è ancora perfettamente conosciuto, numerosi studi hanno evidenziato un miglioramento della sintomatologia dolorosa dopo le manipolazioni vertebrali (Senstad et al 1997; Glover 1960; Terrett e Vernon 1984; UK BEAM 2004, Bronfort et. al 2004, Lawrence et al 2008, Goertz et al 2012), anche se altri studi (Cherkin et al 1998; Koes et al 1991, Rubinstein et al 2011, Rubinstein et al 2013) non riscontrano un reale beneficio della manipolazione rispetto alle terapie convenzionali.
Durante le manipolazioni in rotazione, l’articolazione che produce il classico rumore (crack), per il fenomeno della cavitazione, sembra essere quella dello stesso lato della rotazione, quindi, quella che si muove in convergenza trattando una cervicale. In 50 soggetti sottoposti a manipolazione cervicale (Reggars e Pollard 1995), il risultato della registrazione sonora dimostra che nel 95% dei casi il rumore è attribuibile alle faccette articolari omolaterali alla rotazione effettuata. Le prove aneddotiche e recenti studi suggeriscono che normalmente, per la manipolazione vertebrale ad alta velocità e bassa ampiezza (HVLA), per una singola spinta è più frequente la produzione di 2 o più distintivi schiocchi (Beffa et al 2004, Cramer et al. 2011, Ross et al. 2004, Reggars 1996, Dunning et al 2013).
Altri studi non hanno riscontrato una stretta correlazione tra il livello dove era intenzionalmente stata indotta la manipolazione, sia per il tratto toracico (Ross et al 2004) sia per il tratto lombosacrale (Beffa e Mathews 2004) e l’evento sonoro prodotto. Tuttavia, la questione se questi suoni multipli provengono dalla stessa articolazione, articolazione omolaterale o controlaterale adiacenti, o tessuti molli anche extra-articolari è ancora lontano da essere chiarita (Cascioli et al 2003, Ross et al. 2004).
Si deduce, quindi, che l’effetto terapeutico della manipolazione non è strettamente legato all’evento sonoro e che probabilmente le logiche manipolative di disfunzione articolare sono solo teorie. Depone a favore di quest’ultimo punto la validità di tecniche manipolative strutturali che si basano su concetti completamente diversi, ad esempio il principio base del non dolore utilizzato da Meigne (1997).
​
​



